Videosorveglianza in Condominio: cosa dice la legge, cosa decide l’assemblea e come si tutela la privacy

Videosorveglianza in condominio

La videosorveglianza in condominio è un tema sempre più attuale, al centro di dubbi, richieste e normative in continua evoluzione. Dalla sicurezza degli spazi comuni alla tutela della privacy dei residenti, passando per la corretta gestione degli impianti da parte dell’amministratore, installare un sistema di videosorveglianza in ambito condominiale richiede attenzione, competenza e il rispetto di regole ben precise. In questo articolo analizziamo cosa prevede la legge, quali sono gli adempimenti richiesti e come gestire correttamente la videosorveglianza secondo il Codice Civile e il GDPR.

Perché si parla sempre più spesso di videosorveglianza in condominio

Negli ultimi anni, la richiesta di installare impianti di videosorveglianza in condominio è aumentata in modo significativo. Il motivo è semplice: la sicurezza è diventata una priorità per molti cittadini, soprattutto in contesti urbani dove si verificano furti, danneggiamenti o comportamenti incivili nelle parti comuni.

Anche nella mia esperienza quotidiana, mi capita sempre più spesso di ricevere richieste da parte dei condomìni che amministro per avere informazioni o per avviare le verifiche preliminari necessarie all’installazione di un impianto di videosorveglianza in condominio. Si tratta di richieste legittime, ma che richiedono attenzione e rispetto delle regole.

In questo scenario, la videosorveglianza viene percepita come uno strumento utile a prevenire reati, documentare eventuali illeciti e tutelare il patrimonio comune. Tuttavia, l’installazione di telecamere nei condomìni non è una decisione da prendere alla leggera: bisogna rispettare la normativa vigente, coinvolgere correttamente l’assemblea condominiale e prestare particolare attenzione alla tutela della privacy dei condòmini.

A partire dalla riforma del condominio del 2012 e con l’entrata in vigore del Regolamento Europeo sulla Protezione dei Dati (GDPR), sono stati introdotti criteri precisi da seguire per evitare contestazioni e sanzioni.

La riforma del condominio del 2012: cosa è cambiato per la videosorveglianza in condominio

Con la Legge 220/2012, entrata in vigore il 18 giugno 2013, il legislatore ha introdotto importanti novità nella gestione del condominio, tra cui disposizioni specifiche riguardanti gli impianti di videosorveglianza in condominio.

La novità più rilevante si trova all’articolo 1122-ter del Codice Civile, introdotto proprio dalla riforma, che stabilisce che:

“Le deliberazioni concernenti l’installazione sulle parti comuni dell’edificio di impianti volti a migliorare la sicurezza delle cose comuni e delle proprietà individuali sono approvate dall’assemblea con la maggioranza di cui al secondo comma dell’articolo 1136.”

In altre parole, per decidere l’installazione di un impianto di videosorveglianza in condominio (per le parti comuni come androni, ingressi, cortili o parcheggi), l’assemblea può deliberare con la maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno la metà del valore dell’edificio (cioè 500 millesimi).

L’intervento legislativo sembra aver fornito una risposta chiara ai precedenti dubbi interpretativi, costituendo un punto fermo sull’annosa questione dell’ammissibilità della videosorveglianza in condominio. La previsione dell’articolo 1122-ter interessa proprio la disciplina della videosorveglianza sulle parti comuni degli edifici, che non deve mai violare la privacy di coloro che fruiscono di tali spazi. Per questo motivo, l’impianto viene considerato una soluzione residuale, adottabile solo quando misure di controllo meno invasive si dimostrano insufficienti.

La giurisprudenza ha chiarito fin da subito tale principio. La Cassazione Civile, sezione I, con la sentenza n. 14346 del 9 agosto 2012, ha affermato che l’installazione di sistemi di videosorveglianza è ammissibile esclusivamente in relazione a esigenze concrete di sicurezza, come la tutela di persone e beni da situazioni di pericolo già verificatesi o potenziali, ad esempio in presenza di precedenti furti o in contesti dove si custodiscono denaro o oggetti di valore.

Inoltre, è necessario effettuare sempre una valutazione di proporzionalità, anche quando le telecamere non registrano dati, confrontando l’intervento con altre misure già adottate o adottabili: sistemi di allarme, blindature, serrature rinforzate, automazione dei varchi o controllo degli accessi.

Videosorveglianza nelle parti comuni: cosa può decidere l’assemblea

L’assemblea condominiale ha un ruolo centrale nell’approvazione dell’installazione di un impianto di videosorveglianza sulle parti comuni dell’edificio. Come previsto dall’art. 1122-ter c.c., la delibera deve essere adottata con la maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno la metà del valore dell’edificio (quindi, 500 millesimi), come previsto dall’art. 1136, comma 2 del Codice Civile.

È importante sottolineare che l’assemblea non può autorizzare installazioni che violino la riservatezza e la libertà individuale dei singoli condòmini, specialmente se le telecamere inquadrano aree di proprietà esclusiva (es. pianerottoli antistanti appartamenti, box, balconi, finestre o ingressi privati). In tali casi, serve l’espresso consenso del singolo proprietario interessato.

L’impianto di videosorveglianza può essere installato solo se:

  • riguarda esclusivamente le parti comuni;
  • è giustificato da concrete esigenze di sicurezza;
  • viene adottato con la maggioranza qualificata prevista dalla legge;
  • non viola la normativa sulla privacy, disciplinata dal GDPR e dalle indicazioni del Garante per la protezione dei dati personali.

L’assemblea, oltre a deliberare l’installazione, può anche definire:

  • le zone da monitorare;
  • i tempi di conservazione delle immagini;
  • i soggetti autorizzati all’accesso ai dati;
  • le modalità di segnalazione della presenza delle telecamere.

Questi elementi sono fondamentali sia per la corretta gestione dell’impianto, sia per garantire il rispetto delle normative in materia di protezione dei dati personali.

Procedura e adempimenti: il ruolo dell’amministratore condominiale

Una volta che l’assemblea ha approvato con le maggioranze previste l’installazione dell’impianto di videosorveglianza in condominio, entra in gioco l’amministratore, che ha il compito di curare tutti gli adempimenti operativi, tecnici e normativi necessari.

Ecco i principali passaggi che l’amministratore deve seguire:

1. Verifica tecnica e scelta del fornitore

L’amministratore deve richiedere preventivi dettagliati a ditte specializzate, valutando soluzioni che siano proporzionate rispetto alle esigenze del condominio, evitando impianti sovradimensionati o con funzionalità eccessive rispetto allo scopo.

2. Informativa e cartelli segnaletici

Secondo il GDPR e le linee guida del Garante Privacy, è obbligatorio apporre cartelli visibili che informino della presenza delle telecamere, specificando:

  • chi è il titolare del trattamento (di norma il condominio);
  • la finalità del trattamento (es. tutela della sicurezza);
  • i diritti degli interessati.

3. Designazione del responsabile del trattamento

Se la gestione delle immagini viene affidata a un soggetto esterno (come l’installatore o la ditta di manutenzione), occorre nominare formalmente il Responsabile del trattamento, con apposito contratto o lettera d’incarico, in conformità all’art. 28 del GDPR.

4. Registro dei trattamenti e misure di sicurezza

L’amministratore deve valutare se è necessario aggiornare il registro dei trattamenti dei dati personali del condominio e assicurarsi che il sistema sia dotato di misure di sicurezza tecniche e organizzative adeguate, come la protezione con password, accessi tracciati, conservazione limitata delle immagini (di norma non oltre 24-48 ore, salvo casi particolari).

5. Risposta alle richieste dei condòmini

Infine, l’amministratore deve essere in grado di rispondere in modo trasparente alle richieste di accesso o chiarimento da parte dei condòmini, informandoli sul funzionamento dell’impianto, le aree inquadrate, i tempi di conservazione e i soggetti autorizzati alla visione dei dati.

Chi paga cosa: criteri per la ripartizione delle spese

Una volta approvata l’installazione dell’impianto di videosorveglianza, si pone il tema di come ripartire le spese tra i condòmini. In linea generale, valgono i criteri previsti dall’art. 1123 del Codice Civile.

Spese a carico di tutti i condòmini

Se l’impianto è installato per monitorare parti comuni dell’edificio (come ingressi, androni, cortili, garage condominiali, scale), le spese devono essere ripartite in proporzione ai millesimi di proprietà, salvo diversa convenzione approvata all’unanimità.

Esclusione di alcuni condòmini

Alcuni condòmini potrebbero ritenere di non trarre utilità dal sistema (es. chi abita al piano terra e non utilizza le scale o l’ascensore). Tuttavia, la giurisprudenza ha chiarito che non è sufficiente la mancata utilità diretta per escludere un condòmino dalla contribuzione, quando l’intervento riguarda la sicurezza collettiva (Cass. Civ. n. 10235/2010).

In casi particolari, però, è possibile escludere dalla ripartizione quei condòmini che, con motivazioni oggettive e condivise in sede assembleare, dimostrino l’inefficacia totale dell’impianto nei loro confronti (ad esempio, un corpo separato del fabbricato non servito dalle telecamere). Ma serve sempre una delibera chiara e motivata.

Contributo dei proprietari di negozi o box

I proprietari di unità con accessi autonomi, come negozi o box auto esterni, partecipano alle spese solo se le parti comuni videosorvegliate sono effettivamente fruibili anche da loro, secondo quanto risulta dal regolamento e dalle tabelle millesimali.

Videosorveglianza e privacy: l’impatto del GDPR e i limiti da rispettare

L’installazione di un impianto di videosorveglianza condominiale comporta inevitabilmente un trattamento di dati personali. Per questo motivo, è fondamentale garantire il pieno rispetto del Regolamento UE 2016/679 (GDPR) e delle linee guida del Garante per la protezione dei dati personali.

I principi fondamentali del GDPR

Chi decide di installare un sistema di videosorveglianza in condominio (cioè l’assemblea, con esecuzione da parte dell’amministratore) è tenuto a rispettare alcuni principi chiave:

  • Finalità lecita e specifica: le immagini devono essere raccolte solo per motivi di sicurezza e prevenzione di atti illeciti;
  • Minimizzazione: si devono evitare inquadrature inutili o eccessive (ad esempio finestre, terrazzi o porte di unità private);
  • Limitazione della conservazione: le immagini possono essere conservate per un tempo limitato (di norma 24-48 ore), salvo esigenze particolari motivate;
  • Trasparenza: chi entra in una zona videosorvegliata deve essere informato chiaramente tramite cartelli ben visibili.

Il condominio come titolare del trattamento

In base al GDPR, il condominio è il titolare del trattamento dei dati, mentre l’amministratore agisce in qualità di soggetto autorizzato o incaricato alla gestione. Se il sistema viene gestito da terzi (es. ditta installatrice o manutentore), è obbligatoria la nomina a responsabile del trattamento ai sensi dell’art. 28 del GDPR.

Quando serve la valutazione d’impatto (DPIA)?

Il Garante Privacy prevede l’obbligo di effettuare una DPIA – valutazione d’impatto sulla protezione dei dati – nei casi in cui la videosorveglianza possa comportare un rischio elevato per i diritti e le libertà delle persone (es. sistemi intelligenti, videosorveglianza estesa e continua, riconoscimento facciale, ecc.). Nei condomìni classici, dove le telecamere inquadrano solo le aree comuni e non si effettuano trattamenti particolari, di norma non è necessaria, ma è sempre consigliabile una valutazione preventiva della proporzionalità del sistema.

Attenzione a questi errori comuni

  • Telecamere che inquadrano proprietà private senza consenso;
  • Registrazioni troppo lunghe senza giustificazione;
  • Mancanza di cartelli informativi;
  • Accesso alle immagini non controllato o non tracciato.

Questi errori, anche se commessi in buona fede, possono portare a sanzioni da parte del Garante, oltre che a contestazioni tra condòmini.

Casi particolari: quando si può installare la videosorveglianza senza delibera assembleare

Anche se in linea generale è l’assemblea a dover deliberare l’installazione di un impianto di videosorveglianza sulle parti comuni, esistono alcune situazioni in cui un singolo condòmino può installare telecamere senza necessità di autorizzazione assembleare.

Vediamo quali sono i principali casi ammessi:

Videosorveglianza su proprietà esclusiva

Un condòmino può installare una telecamera su parti di sua esclusiva proprietà (come l’ingresso privato, il box auto, o il balcone), a condizione che l’inquadratura non riprenda spazi comuni né aree di proprietà altrui. In questo caso:

  • non è richiesta delibera;
  • non si configura un trattamento di dati da parte del condominio;
  • il soggetto interessato è comunque tenuto al rispetto del Codice Privacy e, se le riprese coinvolgono dati personali, anche del GDPR.

Telecamere a tutela di beni a rischio

Secondo la giurisprudenza (Cass. civ. n. 14346/2012), la videosorveglianza può essere installata anche a livello individuale quando serve a tutelare beni esposti a un rischio concreto, come avviene nei casi di:

  • attività commerciali con presenza di valori o denaro;
  • ingressi privati soggetti a frequenti danneggiamenti o furti;
  • aree già oggetto di eventi delittuosi.

Anche in questi casi, però, le riprese devono limitarsi all’ambito strettamente necessario e non devono violare la riservatezza altrui.

Intese tra privati

Due o più condòmini possono accordarsi per installare un sistema di videosorveglianza a tutela di un’area condivisa tra loro (es. un vialetto comune tra due appartamenti), purché non vengano coinvolti altri condòmini non consenzienti e l’iniziativa non implichi la modifica di parti comuni.

Conclusioni: tra sicurezza e privacy, la videosorveglianza richiede equilibrio e competenza

La videosorveglianza in condominio è uno strumento utile e sempre più richiesto, ma richiede attenzione, competenza e rispetto delle regole. Le norme in materia – dal Codice Civile al GDPR – pongono limiti precisi a tutela della privacy dei condòmini, pur riconoscendo la legittimità dell’uso delle telecamere per finalità di sicurezza comune.

Come amministratrice di condominio, so bene quanto questo tema sia sentito e quanto sia importante valutare ogni situazione caso per caso, guidando l’assemblea verso scelte corrette e sostenibili, sia dal punto di vista tecnico che giuridico.

Se nel tuo condominio si sta pensando di installare un impianto di videosorveglianza o hai bisogno di chiarimenti normativi e operativi, contattaci per una consulenza. Segui il blog di Arpe Amministrazioni per altri approfondimenti pratici sul mondo condominiale!

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